L’imposta sostitutiva per i mutui

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L’imposta sostitutiva è una tassa dovuta dal contribuente e viene applicata in misura diversa a tutti i finanziamenti che prevedono una durata superiore ai 18 mesi: vi rientrano quindi tutti i mutui ipotecari, i mutui chirografari e le aperture di credito. Vediamo quindi tutto quello che c’è da sapere sull’imposta sostitutiva per i mutui.

Cos’è l’imposta sostitutiva e a quanto ammonta

Introdotta nel 1973 con il DpR n. 601, l’imposta sostitutiva, come abbiamo visto, viene applicata a tutti i mutui e a tutti i finanziamenti erogati in Italia con durata superiore ai 18 mesi che possono godere di particolari agevolazione fiscali, compresi i prestiti concessi per finanziare le spese di acquisto, costruzione o ristrutturazione di un immobile.

L’applicazione di questa imposta è alternativa al regime fiscale ordinario e sostituisce il pagamento di imposta ipotecaria, imposta di registro, imposta di bollo, imposte catastali e tasse sulle concessioni governative; il suo valore viene calcolato in termini percentuali.

Se l’immobile in questione è adibito ad uso abitativo e gode delle agevolazioni previste per la prima casa, l’aliquota da pagare in relazione all’imposta sostitutiva per i mutui prima casa è pari allo 0,25% del totale del finanziamento, mentre negli altri casi, come ad esempio per l’acquisto o la ristrutturazione di un immobile adibito a seconda casa, il cliente è tenuto a versare un’imposta sostitutiva pari al 2% dell’importo che viene erogato come prestito. Queste percentuali risultano valide anche in caso di mutui cointestati.

Se invece stiamo parlando di mutui finalizzati all’acquisto, alla ristrutturazione o alla costruzione di immobili non destinati ad un uso abitativo, come ad esempio uffici, magazzini o negozi, l’aliquota sarà pari allo 0,25%

Pur essendo dovuta dal contribuente, la somma da versare in qualità di imposta sostitutiva viene trattenuta direttamente dalla banca o dall’istituto di credito che eroga il finanziamento al momento della stipula del contratto.

Non solo imposta sostitutiva: le voci di spesa di un mutuo

L’imposta sostitutiva è solo una delle voci di spesa che bisogna tenere in considerazione quando ci si accinge a chiedere un mutuo. Una delle più ovvie, quella che ci viene subito in mente di controllare, è il valore del tasso di interesse applicato a seconda della tipologia di mutuo – fisso, variabile o misto – ma non è di certo l’unica. Vediamo tutte le voci da considerare per valutare il costo reale di un mutuo e quindi la sua convenienza.

Cosa si intende quando si parla di spese di istruttoria della pratica

Tra le varie voci di spesa di un mutuo ci sono le spese di istruttoria della pratica. Di cosa si tratta? Sono tutte le spese relative all’apertura della pratica stessa, con la quale la banca o l’istituto di credito procede con tutti gli atti necessari per stabilire se il finanziamento possa effettivamente essere concesso al richiedente, considerando in particolar modo la sua capacità di rimborso e la sua storia creditizia presso le banche dati del Crif.

Si tratta in genere di un costo fisso che può oscillare tra i 180 e i 300 euro e risulta a carico del mutuatario, ad eccezione del caso in cui si tratti di una sostituzione del mutuo: in questo caso specifico è direttamente la banca o l’istituto di credito a farsi carico di queste spese.

Le spese per la perizia tecnica e le spese notarili

Per poter concedere un prestito per l’acquisto o la ristrutturazione di un immobile, la banca che eroga il credito deve conoscerne il valore di mercato preciso, in modo da essere sicura di rientrare del proprio investimento in caso di insolvenza del debitore.

Il valore dell’immobile viene quindi accertato tramite una perizia tecnica effettuata da un professionista di fiducia della banca, ma a spese del richiedente.

Se il perito rileva che il loan to value, ovvero il rapporto tra la somma richiesta in prestito per l’acquisto dell’immobile e il valore stesso della casa, è superiore all’80%, l’ente interpellato per erogare il prestito può decidere di rifiutare il finanziamento oppure valutare se richiedere ulteriori garanzie per tutelare il suo investimento, come ad esempio la firma di un garante o l’iscrizione di una ipoteca su un secondo immobile.
In questa fase viene inoltre controllato che non ci siano anomalie o abusi edilizi. Questa spesa di solito oscilla tra i 100 e i 300 euro e risulta a carico del mutuatario.

Le spese notarili, invece, sono calcolate in base ad appositi tariffari e comprendono l’onorario del notaio che redige l’atto di compravendita, ma anche le imposte dovute allo Stato per l’attività contrattuale e l’iscrizione dell’ipoteca.

Cosa sono i costi assicurativi relativi ad un mutuo?

Quando si ottiene un mutuo è obbligatorio stipulare un’assicurazione per scoppio e incendio, il cui costo è determinato da vari fattori, tra cui il valore dell’immobile e l’importo e la durata del mutuo. Alcune banche, inoltre, possono richiedere ai propri clienti di stipulare un’assicurazione sulla vita. A questa possono essere aggiunte eventuali polizze ulteriori stipulate autonomamente dal mutuatario.

Spese per l’estinzione anticipata o la surroga del mutuo

Ci sono da considerare anche le spese a cui si andrebbe incontro in casi di estinzione anticipata o di surroga del mutuo. In quanto al primo caso la legge, e in particolare l’articolo 7 della legge 40/2007, comunemente chiamata Legge Bersani, stabilisce che chi decide di estinguere anticipatamente del tutto o in parte il proprio mutuo non deve incorrere in penali di nessun tipo; questo vale per tutti i mutui stipulati dopo il 2 febbraio 2007, per quelli accordati prima di tale data sono invece previste penali ridotte.

Sempre la Legge Bersani, ma all’articolo 8, regolamenta anche la possibilità di surroga del mutuo, cioè la possibilità di trasferire il proprio finanziamento da una banca ad un’altra, ad esempio nel caso in cui la seconda banca offrisse condizioni più vantaggiose.

Nemmeno in questo caso la banca può imporre al cliente il pagamento di commissioni per la concessione del nuovo mutuo o per gli accertamenti catastali, che devono essere effettuati grazie a procedure di collaborazione interbancaria che hanno lo scopo di abbattere i costi e sveltire le tempistiche.

Cos’è l’imposta di registro

Con il termine “imposta di registro” si intende la tassa dovuta per la registrazione di alcune tipologie di atto presso l’Ufficio del Registro tenuto dall’Agenzia delle Entrate, che può essere calcolata come percentuale sul valore totale dell’atto in questione oppure applicata in misura fissa.

Un esempio? Possono rientrare nella tipologia di atti soggetti a questa tassa la registrazione di contratti di compravendita o di locazione di terreni o di immobili, compresa l’abitazione da adibire a prima casa. In questo caso particolare, cioè l’acquisto della prima casa, l’aliquota dell’imposta di registro, secondo le regole entrate in vigore il 1 gennaio 2014, è calcolata nella percentuale del 2% sul valore dell’immobile che risulta dall’atto se la compravendita avviene tra privati, mentre se viene effettuata direttamente dal costruttore è previsto il versamento di un’imposta di 200 euro se la costruzione è ultimata da meno di 4 anni, mentre rimane calcolata sul 2% del valore se la casa è stata costruita da più di 4 anni.

Diverso il caso dell’imposta di registro sulla seconda casa: in questo caso l’aliquota sarà del 9% del valore dell’immobile se la transazione avviene tra privati o dal costruttore dopo 4 anni dal termine dei lavori di costruzione, oppure è fissata a 200 euro se la seconda casa viene comprata direttamente dal costruttore entro 4 anni dalla sua edificazione.

Cos’è l’imposta ipotecaria

L’imposta ipotecaria è un tributo autonomo che serve per formalizzare presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari la trascrizione, l’iscrizione, l’annotazione, la rinnovazione o la cancellazione dell’ipoteca.

La trascrizione serve come atto di trasferimento di un immobile oppure quando viene istituito, modificato o estinto un diritto reale sull’immobile; l’iscrizione è necessaria per costituire un’ipoteca su un immobile; l’annotazione modifica trascrizioni e iscrizioni precedenti; la rinnovazione proroga il termine di un’ipoteca su un immobile, mentre la cancellazione elimina in maniera parziale o totale gli effetti di precedenti trascrizioni, iscrizioni o annotazioni.

La base imponibile dell’imposta ipotecaria varia a seconda del tipo di atto su cui viene applicata, sia in misura fissa di 200 euro, sia in modo proporzionale con aliquote che possono variare dallo 0,5 al 3%.

Per quanto riguarda i mutui, ad esempio, l’imposta ipotecaria è pari al 2%, con l’unica eccezione dei mutui concessi da una banca (e quindi non da una finanziaria) con una durata di almeno 18 mesi: in questo caso l’imposta ipotecaria viene applicata con una aliquota agevolata pari allo 0,25%.

Questa imposta è dovuta da tutti i soggetti che sono interessati dalla richiesta di formalità presso i Registri Immobiliari, ad esclusione dell’aliquota agevolata dello 0,25%, che è dovuta solo dal mutuatario.