Come verificare un tasso usuraio: controllare il proprio mutuo

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Quando si ottiene una certa somma di denaro tramite un prestito o un mutuo è normale doverlo rimborsare tramite rate mensili, che si compongono di una parte di rimborso del capitale e di una parte di interessi, calcolati secondo un tasso che può essere fisso, variabile o misto e che può variare anche in base all’entità dell’importo richiesto, alle garanzie che si possono presentare, alla propria storia creditizia e al periodo di tempo in cui verrà rimborsato il prestito. A volte il tasso di interesse può sembrare elevato, ma come capire se si tratta semplicemente di un tasso poco conveniente o se ci si trova di fronte ad un vero e proprio tasso usuraio?

Cos’è un tasso usuraio

Come abbiamo visto, è del tutto normale e legale rimborsare la cifra ricevuta in prestito tramite un qualsiasi tipo di finanziamento applicando un tasso di interesse. C’è però un limite fissato ogni tre mesi dalla Banca d’Italia, chiamato tasso soglia, oltre il quale il tasso di interesse richiesto viene considerato usuraio.

La definizione del tasso usuraio recita: “per tassi da usura di intendono quei tassi di interesse che superano del 50% la media dei TEG applicati dalle banche e dalle finanziarie ai clienti”.

Come si calcola il tasso soglia?

Come capire se si sta pagando un tasso usurario? Ogni tre mesi la Banca d’Italia registra tutti i TEG applicati dalle banche e dalle finanziarie per ogni tipo di contratto sottoposto alla clientela, quindi mutui, cessioni del quinto, prestiti, finanziamenti e così via. In base a questi dati viene calcolato il tasso soglia per il mese successivo, che è costituito dal TEGM (Tasso Effettivo Globale Medio), che è necessario moltiplicare per 1,25 aggiungendo poi 4 punti percentuali.

TEG e TEGM, di cosa si tratta

Si tratta rispettivamente di acronimi che stanno per Tasso Effettivo Globale (TEG) e Tasso Effettivo Globale Medio (TEGM). Il primo è indispensabile per capire se il tasso di interesse applicato al proprio prestito è eccessivo: si tratta infatti del tasso effettivo complessivo, che comprende tutti i costi sostenuti in relazione al proprio piano di ammortamento specifico.

A differenza di TAN e TAEG, il TEG può essere calcolato solo a posteriori, alla fine del finanziamento,quando si riesce ad avere un quadro completo di tutti gli elementi che hanno influito sulla restituzione del prestito. Il suo calcolo non è assolutamente semplice e proprio per questo motivo, in caso di dubbio, ci si rivolge solitamente a dei professionisti del settore, in grado di determinare e quantificare tutti i fattori che rientrano nella formula per calcolare il TEG fornita dalla Banca d’Italia stessa.

Per avere pienamente senso, il TEG deve essere confrontato con un metro di paragone, che è costituito dal TEGM, ovvero dal Tasso Effettivo Globale Medio, che è l’indicatore che individua la soglia oltre la quale un tasso viene considerato usurario ai termini di legge per ogni categoria di operazione; esiste quindi, ad esempio, un TEGM che riguarda i mutui a tasso fisso e un TEGM che si riferisce invece a quelli a tasso variabile, uno che si applica agli importi inferiori ai 5.000 euro e così via.

Ogni TEGM viene rilevato su base trimestrale dalla Banca d’Italia e reso pubblico ogni volta in modo da poter calcolare il tasso soglia attuale.

Il rapporto tra TEG e TEGM

Una volta capita l’importanza di TEG e TEGM anche e soprattutto in relazione alle controversie inerenti al valore dei tassi di interesse applicati a prestiti e finanziamenti, vediamo il rapporto che dovrebbe sussistere tra questi due indicatori. Nonostante le formule per il loro calcolo siano in effetti simili, ci sono infatti delle differenze che sono causa di una disomogeneità che ha una certa importanza nel determinare la sussistenza di uno stato di usura bancaria. A determinare questa disomogeneità sono delle discrepanze nei criteri di calcolo di TEG e TEGM, che in alcuni casi, quindi, non risultano confrontabili tra loro.

Come capire se si sta pagando un tasso usuraio?

La verifica del tasso di interesse applicato al momento della stipula di un mutuo o di un prestito è sempre un argomento molto dibattuto. Vi sembra che gli interessi applicati al vostro prestito siano troppo elevati? Per controllare se state pagando un tasso che può essere considerato usuraio, per prima cosa sarebbe avere sottomano il contratto che avete sottoscritto, completo di clausole e di tutti i dati relativi al prestito stesso.
Se il prodotto che avete sottoscritto risale a qualche tempo fa bisogna fare una verifica “storica” di quali fossero i tassi soglia all’epoca e di come si sono evoluti nel tempo.

Fino al 14 maggio 2011 si calcola questo tasso aumentando del 50% i tassi medi pubblicati periodicamente, mentre per il periodo successivo, dopo l’entrata in vigore del D.L. 70/2011, il tasso soglia e di conseguenza il tasso di usura si calcolano aumentando il tasso medio del 25% e aggiungendo altri 4 punti percentuali.

I calcolatori online gratuiti

Per semplificarsi la vita e farsi una prima idea è possibile utilizzare uno dei tanti calcolatori che si possono trovare online, che confrontano il tasso di interesse applicato con i valori di riferimenti pubblicati dalla Banca d’Italia.
Questi calcolatori online gratuiti possono dare delle indicazioni da approfondire con più precisione; per utilizzarli al meglio bisogna inserire informazioni il più possibile precise riguardo al proprio prestito, sui tassi e sulle spese relative al prodotto che si è sottoscritto, tutti dati che si possono reperire sul contratto di prestito o di mutuo.

Tasso di usura originaria o sopravvenuta?

Bisogna fare anche questa ulteriore distinzione tra mutui e prestiti con tassi di usura originaria o sopravvenuta. Il tasso di usura originario è quello applicato fin da subito al prestito, ma nella maggior parte dei casi si può parlare di tasso di usura sopravvenuta, che si verifica quando sopraggiunge in seguito all’abbassamento delle soglie del tasso di usura. In questa situazione non si può richiedere l’annullamento o la restituzione della totalità degli interessi “illeciti” ma si può provare a richiedere all’istituto di credito in questione la restituzione della parte degli interessi che sono stati pagati in eccesso, anche se il calcolo può risultare complicato e a rischio di contenziosi.

Cosa fare in caso di tasso di interesse usurario

Nel caso in cui il proprio mutuo presenti un tasso di interesse considerato usurario, il mutuatario – ai sensi dell’articolo 1815 del Codice Civile – non è tenuto a pagare gli interessi. Non solo: se il tasso risulta da usura fin dalla stipula del contratto, il contratto stesso viene ritenuto nullo e le eventuali somme già pagate devono essere restituite al debitore.

Il primo passo da fare, una volta accertato che si sta pagando un tasso da usura, è quello di sporgere reclamo alla banca o alla finanziaria con cui si ha in essere il contratto.

Nella lettera da indirizzare alla finanziaria o all’istituto di credito di cui si è clienti per cercare di recuperare del tutto o in parte gli interessi pagati in eccesso fino a questo momento è importante specificare tutti i propri dati come mittente e tutte le informazioni relative al proprio prodotto finanziario, indicare chiaramente la sede della propria filiale di riferimento e del relativo ufficio reclami e fare riferimento in maniera chiara alla sentenza n. 350/13 del 09-01-2013 emessa dalla Corte di Cassazione da cui si evince che il tasso di usura è stato superato.

Se non si arriva ad una soluzione ci si può rivolgere all‘Arbitro bancario e finanziario e, in caso di giudizio negativo, all’Autorità giudiziaria, che richiederà una perizia econometrica. Gli accertamenti possono essere fatto su un periodo precedente fino a 10 anni, con la possibilità di controllare ogni conto corrente, anche quelli che al momento dell’indagine risultano chiusi.

Anatocismo e usura, cosa bisogna sapere?

Con il termine “anatocismo bancario” si indica la produzione di interessi da parte di interessi scaduti e aggiunti al capitale. Facciamo un esempio concreto: se non si restituisce alla scadenza prevista un prestito di 100 euro al 3%, applicando l’anatocismo dall’anno successivo gli interessi si calcoleranno sulla somma di capitale e interessi, quindi su 103 euro e non su 100.

Il confine tra anatocismo e usura in alcuni casi è abbastanza sottile perché questa pratica può provocare un tasso globale troppo alto che può sfociare nell’usura bancaria.
A disciplinare l’anatocismo è l’articolo 1283 del codice civile, che stabilisce che, in mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo a partire dal giorno della domanda giudiziari oppure per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza.

La legge di stabilità 2014 ha di fatto vietato l’anatocismo, che però è tornato in auge un paio di anni dopo, nel 2016, con il cosiddetto “decreto salva banche”. A partire da questo momento, però, l’anatocismo bancario è praticabile esclusivamente se dichiarato nel contratto firmato dal cliente e la somma dei tassi di interesse del prestito e dei tassi di interesse di mora non può superare la sogli anti – usura.